Dice amica D.
Mettila così, tornare a casa sarà come in uno di quei film dei pomeriggi estivi –Rosamunde Pilcher, avete presente? - in cui giovane donna in carriera costretta da varie circostanze torna in paesino della Cornovaglia e riscopre le gioie della ruralità, della vita semplice e genuina, infine incontra possidente terriero somigliante a Colin Firth e vissero felici e contenti (sorella non pensare subito male, la somiglianza con Colin Firth l’ha tirata fuori amica D, lo sai che non sono una rovina famiglie. Anche se…)
Mettiamola così.
Intanto stamattina mi sono seduta a fumare una sigaretta su una panchina di Piazza Vittorio e - quant’è vero che partire è un po’ morire, si è preda continua di flash del passato – ho pensato a un tardo pomeriggio di cinque anni fa. Era il mio compleanno, i primissimi giorni a Torino (per dire, non avevo ancora capito dove fosse la Mole, che m’immaginavo stagliarsi enorme a dominare uno slargo, tipo Tour Eiffel o San Pietro, e non incuneata, discreta, da scovare –come tutto a Torino), io e Amica A, che avevo appena conosciuto ma già mi faceva morire dal ridere, vagavamo alla ricerca di un posto in cui sederci a fare un brindisi quando all’improvviso ci si è aperta davanti Piazza Vittorio, con il Po, la Gran Madre e la collina nitidi come sono solo nelle giornate limpide, e ci siamo bloccate lì, senza parole da tanta bellezza.
Dieci minuti dopo abbiamo scoperto le gioie dell’aperitivo padano, e anche quello è stato un momento importante.
E lo so, questo blog sta diventando una succursale dell’ufficio promozione turismo di torino. Il fatto è che a me scrivere serve per capire. E adesso ho bisogno di capire perché io, sempre alla ricerca del cambiamento, io così facile agli entusiasmi e altrettanto alla noia, io così poco cultrice del passato, mi sia scoperta tanto nostalgica.
Poco tempo fa Amica A mi ha detto: “Ricordati che, dovunque andrai, ormai sei torinese e lo sarai per sempre”. Questa frase, come molte delle frasi di Amica A, mi ha dato da pensare. Ha ragione, ma forse c’è di più. Forse sono sempre stata torinese, ed è questo il motivo fondamentale per cui andarmene mi fa così male. Io ho capito che se fossi una città sarei proprio Torino. Perché sono snob, spocchiosa, mi sento un po' superiore a tutto e tutti, so di avere dentro tante cose belle, ma volete vederle? Beh, dovete cercarvele, se non le trovate problema vostro. Sarà un atteggiamento del cazzo, come quello di nascondere la vitalità dietro la facciata austera, ma sono fatta così, e quando qualcuno mi dice che dovrei cambiare (e sono tanti) io rispondo “perché non cambi tu?”. Che poi. Nascondo si, ma non è che ci sia da scavare fino alle catacombe!
domenica 6 luglio 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
0 commenti:
Posta un commento