sabato 4 luglio 2009

Bon

A un certo punto, nella vita, bisogna prendere atto che ci si è provato, ci si è creduto, ci si è sbattuto la testa ripetutamente, si è aspettato, si è pianto, urlato, ci si è perso il sonno, ci si è messa tutta l'energia, e non è andata. Arriva il sabato sera della settimana in cui doveva succedere una cosa, l'ultima cosa, l'ultima possibilità che ci si era dati, e il silenzio ti fa pensare che questa cosa non sia successa.
Bene.
Basta.
E' stressante vivere facendo qualcosa che non ci piace.
Ma è ancora più stressante vivere nell'incessante, e incessantemente fallimentare, tentativo di cambiare.
A un certo punto basta.
Io dico basta.
Mi faccio bastare quello che secondo il resto del mondo dovrebbe bastarmi. Non è detto che il resto del mondo abbia sempre torto. Mi faccio bastare il tempo libero, e il fatto che ci sia sempre qualche disegnino da fare ché io mi diverto così, e i due mesi d'estate, e le vacanze di natale, e lo stipendio fisso.
Mi compro anche la macchina, e mi trovo una casetta in affitto.
Forse, così, trovo anche un fidanzato.

5 commenti:

Dea Walker ha detto...

Se ti offendo dicendo che l'hai data vinta a Povia (ricordi il cartello di Sanremo? Serenità meglio che felicità), susciterò qualche reazione per farti ripensare su quel basta?
No, LB, non mollare: gli "altri" non hanno sempre torto ma il dialogo non nasce dalla resa.
Se non riesci a farlo per te, pensa a tutti quelli che vorrebbero fare "qualcosa che serva".
Una carezza contro lo scoramento, che spero sia momentaneo.

LB ha detto...

Dea, Serenità non è meglio di Felicità, ma forse è meglio di Nulla.

PaolaClara ha detto...

Cassius, e ci credevo anche io con te.

Romins ha detto...

L'altra sera, alle ore 21 (ero ancora in studio), colta da magnanimità, sono scesa dal kebabbaro a prendere qualcosa per lo stagista che non si alzava da 12 ore dal PC(pagato a forfait qualcosa come 500 euri al mese per 40 ore settimanali).
Dal kebabbaro (quello famoso di Torino che c'è sotto il mio studio, dovresti conoscerlo) ho letto un articolo de La Stampa appeso al muro mentre aspettavo che mi sfornasse una pizza. Raccontava la sua storia. Arrivato in Italia dall'Egitto con 1000 dollari, ospitato dal fratello che faceva il pizzaiolo, ha messo da parte 18 milioni in 10 anni di duro lavoro e risparmi e si è aperto il primo locale, poi il secondo, poi il terzo. L'articolo era del 2007 e credo che di locali da allora ne abbia aperti almeno altri due.
Presa la pizza sono rientrata in studio (che è nello stesso palazzo) e ho notato come ogni giorno il suo Porsche Cayenne Turbo nel cortile, accanto alle bici usate da 20 euri che usano tutti i miei colleghi architetti.
E ho pensato che nella vita si fanno delle scelte antieconomiche, degli investimenti sbagliati, e perseverare nell'errore deve essere dettato solo dal fatto che stiamo facendo qualcosa che ci piace.
Altrimenti tocca proprio mollare tutto e cambiare.

Grilloz ha detto...

mai dire bon..ehm...bon dire mai...